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venerdì 13 luglio 2012

IL LINGUAGGIO SEGRETO DEI FIORI - Vanessa Diffenbaugh


Il linguaggio segreto dei fiori
Vanessa Diffenbaugh
Garzanti (2011)





INTRO:
Il libro che proponiamo è stato un vero e proprio caso editoriale, con milioni di copie vendute in tutto il mondo. E in effetti è un libro che attrae, fin dalla copertina che prevede 5 varianti con altrettante immagini di fiori diversi: tulipano, margherita, gerbera, buganvillea e rosa. Vediamo cosa questa bellissima copertina racchiude…
In pillole:  
Victoria è una ragazza di diciotto anni che ha trascorso l’infanzia da orfana tra famiglie in affido e case d’accoglienza. Vive un’esistenza solitaria, isolata dal mondo che non capisce e dal quale si è sentita rifiutata fin dalla nascita. Odia il contatto fisico e la sua unica compagnia sono i suoi amati fiori. Il loro linguaggio è l’unico che Victoria comprende e parla, sicura che questo la renda immune dai dolori che provengono dall’esterno e di cui ha fatto esperienza per anni. Il linguaggio segreto dei fiori cela però una storia di amore e calore familiare che Grant, ricomparso nella vita della ragazza dopo una dolorosa vicenda del passato, riuscirà a riportare a galla…

Temi:
Il linguaggio segreto dei fiori narra la storia di una ragazza che ha vissuto la sua intera giovane esistenza sola, senza l’amore dei genitori e il calore che solo una casa sa dare. Il suo cuore pare indurito e insensibile alle sollecitazioni esterne, anche quando scopre che al mondo esistono persone a cui lei piace e che sanno essere gentile con lei e amarla. La storia della protagonista è dunque un percorso di accettazione, di se stessi e di una realtà che non è sempre dura con noi, ma ci regala anche amici e affetti. La scrittrice Vanessa Diffenbaugh è riuscita a raccontare la storia di Victoria grazie alla sua esperienza di madre adottiva che l’ha resa capace di illustrarci il punto di vista di chi non ha mai concepito l’amore e la famiglia come qualcosa di scontato, ma come un traguardo difficile da raggiungere.

Leggilo se:
·         Sei una donna
·         Ti piacciono i romanzi che privilegiano i sentimenti
·     Ami le storie con implicazioni sociali (in questo caso la difficile integrazione degli orfani nella nostra realtà sociale) ma che non siano troppo impegnativi
·     Ami i fiori e credi nel loro potere benefico o nella loro semplice capacità di rallegrare le nostre vite

Non leggerlo se:
·         se sei un uomo: ti annoieresti, è inevitabile
·         sei in un periodo di letture allegre e spensierate






Veniamo a noi:
Vanessa Diffenbaugh è madre adottiva e la sua è stata per anni una famiglia tra quelle che accettano ragazzi in affidamento. La storia di Victoria è dunque il risultato di un’esperienza vissuta sulla propria pelle, nel ruolo di osservatrice davanti a storie di ragazzi e bambini molto diverse tra loro ma tutte accomunate da una costante: la mancanza di una famiglia e la percezione di questi ragazzi di non essere degni d’amore perché rifiutati dai loro genitori e, per estensione dalla società. La storia di Victoria è ovviamente un caso estremo: la ragazza si è chiusa in un mondo in cui solo Elizabeth – un personaggio che si rivelerà molto importante per la protagonista, una donna senza figli in cerca di quella dimensione che sa essere sua, quella di madre e che trova in Victoria la risposta – è riuscita a penetrare attraverso un linguaggio speciale e unico, quello dei fiori. Tale linguaggio affascina Victoria perché lo sente vicino alla sua condizione di outsider (il linguaggio dei fiori nasce nell’epoca vittoriana ed è una retaggio appartenente a un mondo e a un modo di interagire con gli altri che non esiste più) al punto da adottarlo e farlo suo. In realtà quel linguaggio è come la coperta di Linus, è in grado di dare alla ragazza la forza di andare avanti, ma è anche uno scudo con cui aumentare il proprio isolamento dal mondo, già stabilito attraverso il suo rifiuto per ogni contatto fisico, con la convinzione che quest’ultimo non porti altro che dolore. Solo l’incontro con Grant e tutto quello che deriverà daranno inizio a un percorso difficile che vedrà Victoria accettarsi, sciogliere quella scorza dura che ha attorno al cuore e accettare il mondo e di conseguenza l’amore e la vita. Una storia che racchiude molte storie, non fittizie ma vere, reali, che accadono ogni giorno intorno a noi:
storie di figli senza genitori e di genitori senza figli, ma anche di famiglie nuove che nascono non per mezzo di legami di sangue ma attraverso sentimenti sinceri e profondi. Che sono poi tutto ciò che conta.

La Frase che mi piace:
Non mi fido, come la lavanda, Mi difendo, come il rododendro Sono sola, come la rosa bianca, e ho paura. E quando ho paura, lascio… 

Recensito da: Strawberry per The Social Reading


...Ed ecco lo spunto psicologico di Luca Mazzucchelli, il nostro psicologo multimediale!




E’ sempre più diffusa anche negli ambienti psicologici la parola “orto-terapia”, che rimanda all’utilità che riscontra in alcune persone il dedicare del tempo ad hobby che possano permettere di riposare, riflettere e rilassarci.

Da questo punto di vista prendersi cura dei giardini, orti e fiori stimola il senso di responsabilità e anche favorisce alcune abilità proprie di una prima fase della socializzazione. Non solo: ansia e stress vengono spesso in questo modo limitate, con riscontri positivi sul tono dell'umore della persona.

Come anche capita nella più famosa e utilizzata “pet therapy” la persona instaura una dinamica per cui, prendendosi cura dell’altro, allo stesso tempo si prende cura di se stessa.

A mio avviso, con i fiori, ci si fa carico di una relazione in un ambiente per certi versi protetto: non possiamo essere giudicati e, ad essere esercitata, è primariamente la propria capacità di accudire l’altro.

Quale il rischio?
La decisione di “prendersi cura di una persona” è il primo livello per l’instaurarsi di una relazione più matura e completa, che però per definirsi tale necessita di un ulteriore ingrediente, spesso vissuto con molta sofferenza da chi fatica a fidarsi all'interno della relazione: accettare di farsi accudire da un’altra persona.


E’ questo un passaggio – per alcuni forse scontato – che rivedo spesso nella mia attività clinica come delicato e carente.
Accettare di farsi accudire è più rischioso dell’accudire perché vuol dire mettersi in gioco in maniera più completa, aprirsi a 360 gradi e mostrarsi nelle proprie fragilità e debolezze.


1 commento:

  1. Ho letto questo libro lo scorso anno proprio di questi tempi, mi ha lasciato un bel ricordo. La fine devo dire che mi ha un pò delusa ma nel complesso un bel libro.

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